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Rassegna Stampa. Marone su TV, Internet e Giornali: Articolo su Marone e leggenda della "Sarneghera"  
Autore: ConteOliver
Pubblicato: 2006/7/7
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Sul sito http://www.paese-italia.com/comune/comune-di-marone.htm ho trovato questo interessante articolo sul nostro paese.

Rispetto ad altri già segnalati, presenta una particolarità: racconta una leggenda sul significato del termine "Sarneghera". Io non conoscevo proprio per niente questa leggenda e mi piace pubblicarla anche se, magari, è solo una mia lacuna personale.

 

 

TERRITORIO

Il paese di Marone è situato nella montagna orientale del lago d’Iseo.
La sua superficie territoriale è di 22,9 chilometri quadrati; una discreta area di 11,98 Kmq le viene riservata per uso agricolo e forestale, pari al 52,2% di tutta la superficie comunale di Marone.
La sua altitudine è di 189 metri sul livello del mare.
La popolazione del Comune di Marone equivale a circa 3.300 abitanti.
Le frazioni appartenenti al paese di Marone sono le seguenti: Collepiano, Ponzano, Pregasso, Vesto e Vello; quest’ultima frazione, fu comune autonomo fino al 1927.
Il Comune di Marone appartiene allla Regione della Lombardia e fa parte della provincia di Brescia, da questa bella città, detta la Leonessa d’Italia dista 35 chilometri.
Marone fa parte anche della Comunità Montana, con sede a Sale Marasino.

Percorso per raggiungere il paese di Marone: dal Casello Autostradale di Rovato, sulla A4 Milano-Venezia, a 24 chilometri, oppure, lo si può incontrare percorrendo la Strada Statale 510 Sebina.

Numeri utili Azienda Asl 14.
Distretto Scolastico 36.

MANIFESTAZIONI

Il Mercato a Marone si tiene ogni giovedì.
Durante il mese di febbraio: Rally di sci alpinistico del Monte Guglielmo, organizzato dal locale sci club.
Nel periodo di luglio, oppure di agosto: Festa della Sardinata.
L’11 di novembre si festeggia con grande entusiasmo dei parrocchiani: il Patrono San Martino Vescovo.

STORIA LOCALE

Il toponimo di Marone potrebbe derivare dal dialettale ”marroni”, vista la grande presenza di castagneti, ha piuttosto origine celtica.
Oppure ”Marra” che significava terreno acquitrinoso, soggetto a frane e tale è infatti la caratteristica del territorio di Marone, adagiato fra due torrenti: ”Opol” e “Bagnadore”, il secondo dei quali ha già provocato in passato pesanti alluvioni.
Per questo i primi insediamenti umani furono nelle attuali frazioni di Colpiano, Vesto e Pregasso, situate in alto e lontane dai torrenti.
L’ultimo di questi centri fu la sede più recente del comune antico e della sua parrocchiale.

In epoca romana era qui un insediamento; a Co de Hela (Capo della villa) sono stati trovati resti di un importante edificio romano del primo secolo dopo Cristo.
L’edificio è composto da alti muri, resti di terme con impianti imponenti e tracce di un’azienda agricola danneggiata dalla costruzione della ferrovia Iseo-Edolo.
E’ stato trovato qui il frammento di una statua di Ercole con clava in mano, ora al Museo Romano di Brescia.
Solo nel XVI secolo, con l’incremento dell’uso del Porto di San Martino al quale arrivavano legname e carbone, cominciò a popolarsi anche la parte bassa di Marone; oltretutto fu avviato il risanamento della zona paludosa, probabilmente da parte dei Benedettini di Brescia che vi avevano proprietà.
A Marone si lavorava la lana già nel Qattrocento: dai panni rozzi destinati alla popolazione rurale si passò a coperte di maggior pregio.
Con gli altri centri della riviera, Marone partecipò all’università dei lanifici, una sorta di consorzio che tutelava la produzione costituitasi nel 1784.
L’industria tessile, decaduta nel secondo dopoguerra, si sviluppò fortemente nell’Ottocento, favorendo anche l’aumento della popolazione.

Il paese di Marone fu collegato soltanto nel 1850, dopo dodici anni di lavori che abbatterono il Corno di Trentapassi; infatti prima l’anello di congiunzione avveniva attraverso il lago.

Nel Cinquecento cominciarono a funzionare forni fusori, che lavoravano il ferro proveniente dalla Valcamonica e trasportato via lago.
Nel 1610 Giovanni da Lezze conta a Marone 700 abitanti.
Soltanto nel 1850 fu aperta la strada per Pisogne.
Nello stesso periodo fu realizzato il collegamento con Iseo: prima i trasporti avvenivano via lago.
Nel 1920 iniziò l’attività della Società Dolomite. poi Dolomite Franchi, per la produzione di materiali necessari al rivestimento refrettario dei forni d’acciaieria.

Il paese di Marone è patria di una famiglia di pittori: Andrea, Pietro, Giovanni e Raffaele Marone e di Pompeo Ghitti, (quest’ultimo, pittore manierista 1631-1704).
Hanno operato in diverse chiese del Sebino.
Oltre alle opere realizzate a Marone, si potranno notare quelle a Montisola, l’Ecce Homo della Madonna della Ceriola, gli affreschi di Sale Marasino nella chiesa di Sant’Antonio Abate e di Pisogne nella pieve di Santa Maria in Silvis, oltre che la Danza macraba in Santa Maria della Neve: San Giorgio che uccide il drago nella parrocchiale di San Giorgio a Zone.
Nella prima parrocchiale di San Pietro in Vinculis, rinascimentale, a pianta rettangolare, ad unica navata con volta a crociera, preceduta da un pronao, è pregevole la pala dell’altare maggiore raffigurante la Madonna con i Santi Pietro e Paolo della fine del ‘500, attribuita a Pietro Marone.

LEGGENDE – TRADIZIONI BRESCIANE DEL SEBINO E FRANCIACORTA

Questa leggenda legata ai temporali, si riferisce alla terribile Sarneghéra, autentico spauracchio per tutti i paesi della Franciacorta, compreso Marone.
Questo deminére arriva dal lago e precisamente da Sarnico e in pochi minuti, con la furia del vento e la violenta grandine, può distruggere tutte le coltivazioni trasformando gli splendidi vigneti e gli ubertosi campi in desolate lande senza vita.
La leggenda narra che, nel castello di Montisola, viveva una stupenda fanciulla che ogni mattina si recava sulla sponda del lago a specchiare nel lago sereno di Sensole la sua incantevole bellezza.
Un giorno si sporse un po’ troppo e scivolò nell’acqua.
Immediatamente dal vicino cespuglio, uscì un coraggioso giovane che, gettatosi nel lago la raggiunse, la prese tra le braccia e andò verso riva.
Era un pescatore che veniva ogni mattina da Sarnico non solo per gettare le reti, ma anche per vedere la meravigliosa fanciulla.
Tra i due giovani nacque una bella storia d’amore, ma purtroppo lei era la bella castellata già promessa sposa ad un signorotto di Franciacorta.
Per questa sua colpa, venne rinchiusa dal padre nella torre del castello e l’infelice pescatore ,riportato a Sarnico, fu rinchiuso in una grotta.
La bella castellana, rifiutò sempre il cibo, deperendo in modo tale da impietosire il crudele padre che le permise di tornare per l’ultima volta a specchiarsi nelle acque del lago prima di partire per la Franciacorta, ma il crudele padre contemporaneamente diede l’ordine di uccidere il pescatore.
Nello stesso istante, in cui la bella fanciulla vide la sua immagine riflessa nell’acqua, le onde alte e schiumose, il cielo diventò cupo come la notte, il vento impetuoso portò alle sue orecchie un lungo e straziante urlo, nel quale riconobbe la voce dell’amato.
Volle morire con lui gettandosi nel lago.
Ancor oggi, quando la “Sarneghéra” arriva terribile a sconvolgere i paesi della Franciacorta, la gente racconta che sul fondo del lago la bella castellana ed il pescatore si stanno chiamando mentre il cielo manda da Sarnico la sua vendetta sulle terre della Franciacorta trasformando in grandine le lacrime degli sventurati amanti.

Nella prima Parrocchiale di San Pietro in Vinculis del Quattrocento, sorta su uno sperone del monte Vesto, nel luogo di un castello distrutto nel ‘200, la chiesa, rinascimentale, a pianta rettangolare, e ad unica navata con volta a crociera, preceduta da un pronao, è pregevole la pala dell’altare maggiore raffigurante la Madonna con i Santi Pietro e Paolo, della fine ‘500, attribuita a Pietro Marone.
La composizione è ben equilibrata ed i colori sono vividi sia nella cromia che nelle tonalità acquisita dall’influenza del Veronese e del Moretto, tanto che Panazza e Boselli lo hanno definito uno dei più significativi rappresentanti del Manierismo provinciale.

La Chiesa Parrocchiale di San Martino di Tours, fu costruita ai primi del ‘700, in seguito, nel 1874 fu eretto il campanile alto 24 metri, con l’ornamento di sei statue di santi che adornano la facciata esterna, ed altre undici sono conservate nelle nicchie all’interno della chiesa.
Internamente, sopra l’ingresso, vi è una Crocefissione, attribuita a Pietro Marone.
Diverse sono le tele , tra le più interessanti ci sono due: Madonna e Santi di Ottavio Amigoni e di Pompeo Ghitti (1631-1704) che nacque a Marone e fu allievo di Amigoni.
Studiò anche a Milano e aprì a Brescia una scuola di disegno.
Significativo è il medaglione su cui è scolpito a bassorilievo il Sacrificio di Abramo di Antonio Callegari, mentre l’opera il Redentore si colloca nella scuola del Romanino.
La chiesa è stata restaurata internamente nel 1989.

Nella valle dell’Opol sorge il Santuario di Santa Maria della Rota, l’edificio e molto caratteristico per via di una grande ruota che si trova sulla rupe della quale fu edificato; all’interno conserva un’Annunciazione, di Giovanni Marone.
Il grande affresco si caratterizza per la forma delle mani della Madonna e dell’Angelo e per le orbite cerchiate che meglio evidenziano gli occhi.
Oltre che le figure rigide e l’incarnato tendente al rosso nelle sue opere, come sostiene Panazza, prevalgono le ombre verdastre e le tonalità gialle.
Anche il fratello Pietro lavorò sugli affreschi, mentre le due tele raffiguranti, San Mauro e San Girolamo sono di Pompeo Ghitti.
Di buon gusto del Barocchetto, Bonini, questi dipinti raffigurano i Santi delicatamente e con colori tenui.

Chiesa del Cimitero di Vello, del ‘400, già parrocchiale del borgo, contiene sul fronte e all’interno alcuni affreschi di cui in buon stato di conservazione: l’l’Annunciazione di Giovanni Marone, datata 1498.
Caratteristico è anche il suo campanile a bifore, ben visibile a chi transita sulla strada.

Parrocchiale di Sant’Eufemia sorta nel 1715, ha una bella tela di Ottavio Amigoni del 1647.

 
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